Biogas
Durano meno di un secondo, ma bastano a bloccare linee produttive, generare scarti e compromettere la continuità operativa. Ecco perché rappresentano oggi una delle principali sfide per l’industria.
L’equilibrio tra domanda e offerta di energia è oggi sotto maggior pressione rispetto al passato: l’aumento esponenziale di impianti di generazione distribuita, le fonti rinnovabili non programmabili e una rete elettrica soggetta a fluttuazioni e sovraccarichi stanno producendo un’insoddisfazione crescente dal punto di vista della qualità dell’alimentazione.
Non è più soltanto il blackout “tradizionale” a preoccupare le industrie: il fenomeno che oggi assume maggior rilevanza è quello delle microinterruzioni elettriche, eventi brevissimi, spesso di durata inferiore a un secondo, che non si registrano come fermate ufficiali ma possono generare gravi conseguenze nei processi produttivi.
Le microinterruzioni elettriche rappresentano un rischio tanto subdolo quanto concreto per le imprese industriali. Si tratta di disturbi brevissimi della tensione – inferiori a un secondo – ma sufficienti a compromettere il funzionamento di macchinari elettronici sensibili, PLC, inverter e sistemi di controllo. In un contesto produttivo automatizzato, anche un evento così rapido può tradursi in fermi improvvisi, scarti di lavorazione o danneggiamenti agli impianti.
I settori più esposti sono quelli che richiedono continuità e precisione assoluta: alimentare dolciario, plastico, tessile, chimico o farmaceutico. In questi casi, basta un leggero sbalzo per alterare la temperatura o la pressione dei processi e rendere inutilizzabili interi lotti di produzione.
In altri contesti – come gli impianti di pompaggio, di depurazione o di desalinizzazione – il problema può estendersi ulteriormente: il blocco delle pompe causa fenomeni di cristallizzazione o intasamento delle tubazioni, richiedendo lunghi e costosi interventi manuali di pulizia e ripristino.
Per questo, pur essendo “micro” nella durata, queste interruzioni generano danni macro nei costi e nei tempi di fermo, incidendo direttamente sulla competitività e sull’efficienza complessiva dell’azienda.
Questa tipologia di disturbi, pur impercettibile all’occhio, è in grado di compromettere macchinari sofisticati e linee di produzione automatizzate, con ripercussioni economiche e operative ben superiori al semplice “buio”.
A differenza dei blackout totali, che sono eventi riconoscibili e spesso gestibili attraverso sistemi di emergenza o gruppi elettrogeni, le microinterruzioni non lasciano tracce evidenti ma minano la continuità operativa in modo costante. La loro natura imprevedibile e la brevità dell’evento rendono difficile individuarle e isolarle: spesso si manifestano solo attraverso conseguenze indirette, come un allarme improvviso, un riavvio di sistema, un’anomalia di processo.
Le cause principali possono essere l’avvio di grossi carichi, guasti, fenomeni atmosferici e richiusure automatiche della rete elettrica, un meccanismo di protezione che, nel tentativo di stabilizzare la tensione, genera una serie di microinterruzioni consecutive. Queste rapide oscillazioni – frequenti nelle reti sovraccariche o interconnesse a impianti da fonti rinnovabili – provocano fluttuazioni di tensione che mettono sotto stress i componenti elettronici sensibili, riducendone nel tempo l’affidabilità e la vita utile.

Il vero rischio, quindi, non è l’interruzione in sé, ma la perdita di controllo del processo produttivo: l’arresto improvviso di una linea automatizzata, il reset di un PLC o il malfunzionamento di un inverter possono richiedere ore per essere ripristinati.
Per molte aziende, la differenza tra un sistema resiliente e uno vulnerabile sta proprio nella capacità di assicurare continuità e qualità dell’alimentazione elettrica anche di fronte a questi micro-eventi invisibili.
Contrastare gli effetti delle microinterruzioni richiede un approccio combinato, che unisca tecnologie di accumulo a soluzioni di produzione locale dell’energia.
Tra le opzioni più efficaci ci sono gli UPS rotanti (rotary UPS), sistemi che sfruttano un volano meccanico per immagazzinare energia cinetica e restituirla istantaneamente in caso di calo di tensione.
A differenza degli UPS statici tradizionali, quelli rotanti garantiscono risposte immediate e continuità assoluta anche su carichi elevati, assicurando che i processi produttivi non si interrompano nemmeno per frazioni di secondo.
La vera resilienza energetica, però, si costruisce integrando questi sistemi con impianti di cogenerazione, in grado di produrre simultaneamente energia elettrica e termica in modo efficiente e controllato. Questa combinazione permette alle aziende di ridurre la dipendenza dalla rete, stabilizzare l’alimentazione e, al tempo stesso, ottimizzare i consumi energetici.
In un contesto in cui l’affidabilità dell’energia è un fattore competitivo, la cogenerazione è una scelta sostenibile e una strategia di sicurezza industriale.
È in questa direzione che MTM Energia concentra il proprio lavoro: progettare sistemi integrati che garantiscono efficienza, continuità e controllo, accompagnando le aziende nella transizione verso un modello energetico più stabile e responsabile.